..L'architetto fa il mestiere più bello del mondo perché su un piccolo pianeta dove tutto é già stato scoperto, progettare è ancora una delle più grandi avventure possibili...(Renzo Piano)


mercoledì 11 maggio 2011

TO DO 7_ incontro con Francesco Lo Brutto

.. Bene, direi che l'incontro è stato più che positivo!!!
Ieri sera mi sono confrontato direttamente con Francesco, responsabile della comunicazione del MArteLive.
Durante l'incontro Francesco si è dimostrato molto interessato alla nostra collaborazione, anzi, mano a mano che spiegavo quello che era il mio programma di intervento, lui era sempre più interessato. Mi ha spiegato come il loro sogno sia quello di avere un edificio, una sede fissa, visto che ad oggi si appoggiano a vari locali per la manifestazione. Proprio il mio mixitè. Parlando mi ha parlato e spiegato cosa è il martelive, e come nella loro testa c'è il desiderio di avere una sede dove poter creare un qualcosa durante tutto l'anno, e cosi abbiamo visto come fossimo vicini con le idee.

C'è stato un primo scambio di idee: per il loro evento loro hanno bisogno di sale per esposizioni ed esibizioni abbastanza grandi per riuscire a contenere 2 tipi di esibizione, le quali si svolgono contemporaneamente. Proprio su questo concetto si basa la loro manifestazione, più arti che si svolgono insieme, in modo tale da dare al pubblico, che cammina nel locale, sempre una attrazione.
Io ho spiegato come intendevo creare anche aule laboratorio, dove durante l'anno si potessero organizzare lezioni e workshop aperti a tutti gli interessati, e dove gli artisti potessero fare anche piccole conferenze.

Francesco è molto interessato, e alla fine dell'incontro mi ha detto: ''.. magari una volta finita questa collaborazione per il progetto, potremmo proporlo a qualcuno per riuscire a realizzare la nostra sede!! ''

Ci siamo lasciati con Francesco dandoci un nuovo appuntamento nella loro sede, per continuare a parlare del progetto!!!


martedì 10 maggio 2011

TO DO 7_ partner al progetto

La mia ricerca è subito partita con Google. Cercando ho trovato la rivista MArteMagazine, la quale si occupa della divulgazione dell’arte emergente a 360°. Proprio ciò che stavo cercando! Cosi mi sono messo subito in contatto via mail con la responsabile della rivista.

Da subito sono sembrati interessati, visto le loro risposte veloci, e che mi chiedevano maggiori informazioni. Dopo una seconda mail più dettagliata, mi ha lasciato il suo contatto telefonico, con un appuntamento telefonico per lunedì mattina.

Al telefono ho potuto affrontare meglio il programma e soprattutto sentire com

e l’interesse verso questa collaborazione fosse reale. Edyth Cristofaro (la responsabile della rivista) mi ha spiegato come la loro rivista sia una costola di un evento nazionale come il MArteLive, un evento che propone l’idea di dare spazio a tanti tipi di arte, e ai talenti

emergenti, con una caratteristica, quella dello spettacolo totale, ossia contemporaneamente si esibiscono. Edyth mi ha detto di aver già accennato al responsabile dell’evento il mio progetto e mi ha dato appuntamento per conoscerlo, questa sera. Infatti la fortuna ha voluto che il MarteLive attualmente si sta svolgendo a Roma, all’Alpheus in via del commercio. Bene, questa sera incontrerò il responsabile e potrò finalmente iniziare la collaborazione. Edyth mi ha anche assicurato che nel caso in cui i responsabili del marteLive non potessero seguirmi, mi aiuterà lei, visto che della manifestazione conosce tutto.

Spero cosi di aver trovato un vero partner, che mi aiuti a portare avanti il progetto in modo collaborativo, cosi da poter realizzare qualcosa di realizzabile un domani!!

TO DO 7 _ analisi ambientale

lunedì 2 maggio 2011

Notizie dal mondo!


NON DEMOLITE LA DISNEYLAND DEI GRAFFITI!!!
articolo di Donatella Mulvoni di MArteMagazine


NEW YORK- “Se ci demoliranno , sarà come se l’amministrazione di New York decidesse di chiudere il Moma, o un museo storico come quello del Guggenheim”. Sul sito web del gruppo di artisti 5 Pointz i commenti di solidarietà arrivano da tutto il mondo: la notizia che la “mecca dei graffiti” potrebbe lasciare il posto a una palazzina residenziale sta mettendo sul piede di guerra gli artisti delle bombolette della Grande Mela.

Con il proprietario dell’edificio è rottura totale. “Da settimane non abbiamo più contatti. Questa è l’America: tutti sono amanti dell’arte, ma alla fine quello che conta è il profitto”. Quando incontriamo Marie, una delle volontarie del gruppo, francese, ma a New York da numerosi anni, è un sabato mattina di inizio aprile. Alle 9 l’ex fabbrica del Queens, che dal 2001 viene chiamata con lo stesso nome dei fondatori, 5 Pointz, in onore dei cinque quartieri della città, è già popolata di writers che hanno avuto l’autorizzazione a lasciare la loro impronta in uno degli spazi dell’edificio. Non si arrendono. “Dipingere qui è come entrare nella storia. In queste pareti si sono espressi alcuni dei più grandi artisti”, mi spiega Michael, un giovane di 32 anni della Florida.
5 Pointz è come un’isola colorata al centro di un polo industriale nel cuore del Queens, a mezz’ora da Manhattan. Il quartiere si chiama Long Island City, i turisti che si vedono in giro sono lì solo per ammirare metri e metri di graffiti. “E’ un museo a cielo aperto, questa esperienza non puo’ finire”, ribadisce Jonathan Cohen, conociuto nell’ambiente come Meres, l’ideatore di questo laboratorio creativo.
Jerry Wolkoff, il proprietario del sito, non si fa più vivo da quelle parti, ma fa sapere di non volerP1050062abbandonare i ragazzi. “Quando mi proposero di rendere l’edificio il punto di ritrovo degli artisti diedi subito la mia benedizione. Credo che siano bravissimi. Il progetto- spiega- prevede la costruzione di palazzine residenziali, ma ci sarà spazio anche per laboratori artistici e i ragazzi potranno continuare a disegnare in alcune pareti pensate appositamente per loro”.

Ma ormai il momento idilliaco e di collaborazione tra Wolkoff e il gruppo è terminato. I volontari che da dieci anni lavorano a questa “impresa” hanno organizzato una petizione per sensibilizzare l’opinione pubblica, l’amministrazione comunale e chiedere l’aiuto dei cittadini. “5 Pointz è un luogo sicuro dove esprimere se stessi. Non rifiutiamo le richieste di nessuno. Qui disegnano legalmente i maghi della bomboletta e i ragazzini che non hanno esperienza”, racconta Marie, mentre organizza gli spazi e gli artisti e accoglie alcuni ragazzi arrivati da Chicago per girare un video musicale. “I giovani amano questo stile. Senza luoghi simili, ritorneranno nuovamente a fare i loro pezzi in giro per la città, rischiando ogni volta l’arresto”.

Il sindaco di New York, Michael Bloomberg, non si è ancora espresso in merito. “La querelle quando si parla di graffiti è sempre la stessa: arte o vandalismo? Le istituzioni è difficile che ci diano una mano, nonostante crei tantissimo turismo e rappresenti un valore aggiunto per la città”, ci dice un altro volontario.

Ogni anno vengono prodotti più di mille “pezzi”. Gli artisti arrivano da tutto il mondo, ognuno può esprimersi liberamente. La qualità dei murales determina la sua durata. “Un dipinto può durare un giorno, un mese, due anni. Poi vengono sostituiti, ma tutti devono rispettare le opere precedenti e cercare di fare il loro meglio per onorare quello spazio”.
I ragazzi di 5Pointz sono sicuri di poter vincere la loro battaglia contro la logica del profitto. L’obiettivo è quello di creare un movimento e costringere il signor Wolkoff a non demolire la “disneyland degli amanti dei graffiti”.

Donatella Mulvoni

sabato 30 aprile 2011

..Una piccola collaborazione esterna!!!


Fabriano è un piccolo centro delle marche, famoso più che altro per CARTA, LAVATRICI e CAPPE!!! Però da pochi anni si sta a poco a poco trasformando in piccolo centro turistico. In questo risveglio culturale da 3 anni alcuni ragazzi hanno proposto una nuova proposta INTERESSANTISSIMA!!!!

Il RIParte Festival che per 3 giorni vivacizza la cittadina con mostre eventi che ruotano attorno all'arte emergente, come dicono loro, l'arte dal basso. La città ha dimostrato interesse per queste attività e quest'anno ritornerà l'11 12 13 giugno 2011.
All'interno del festival un giorno viene dedicato ad un muro della città che attraverso l'opera di artisti internazionali creano capolavori, capaci di trasformare un muro grigio e triste, in una esplosione di colori e sentimenti più vari.




Visto che Fabriano è anche la mia città, e visto il mio programma, ho contattato gli organizzatori e ho proposto una collaborazione esterna, non saranno i miei promoter principali, ma credo saranno in grado di offrirmi idee e spunti interessanti e utili al fine di creare un buon progetto completo.

La collaborazione avverrà attraverso uno scambio di mail e incontri che riporterò nel mio blog...


Ecco un assaggio di quello che è avvenuto anno scorso!!!! >>

Per maggiori informazioni li trovate anche su Facebook >>

mercoledì 27 aprile 2011

TO DO 07


BANG .02 ''IL PETTINE''

TO DO 07


BANG .01 ''L'ONDA''

PRO: chiudersi sul fronte N/E impedisce l'arrivo dei venti freddi , aprirsi sul fronte a S/W permette di poter utilizzare la ventilazione estiva, le onde verdi creano una nuova morfologia verde nell'area...

CONTRO: possibilità di avere un solo fronte libero per l'esposizione solare, difficoltà per l'inserimento delle varie attività all'interno

venerdì 22 aprile 2011

concept


IDEA PROGETTUALE: IL PETTINE

...chiudersi da un lato, per aprirsi dall'altro... la possibilità di creare più volumi diversi, alzare abbassare , pieni e vuoti....

fortificando il programma



Il programma pensato inizialmente è un pò troppo generico.. Sto pensando di unire a questo la seconda ipotesi di programma che mi era venuta in mente in precedenza...

L'idea ora è quella di creare un piccolo laboratorio-museo per tutta quella che è l'arte metropolitana... Dare un luogo a questo tipo di arte, e creare al contempo un nuovo centro dove attrarre gli abitanti del quartiere... Il punto forte sarà quello di creare un luogo dove esporre e sperimentare... anche dove poter imparare...
- laboratori, sale espositive, shop, caffetterie, ristoranti, spazi dove ''creare''... il giardino urbano, dove potersi semplicemente godere la bella stagione...

UNDERGROUND LAB
via del mandrione 27

lunedì 18 aprile 2011

concorso dei BANG!!!!!!

18_04_2011

Concorso e presentazione dei propri BANG!!!! Ecco una raccolta di foto dei vari Bang presentati oggi a lezione....

ECCO IL VIDEO DEI BANG >>

Zentrum Paul Klee


Tre colline artificiali a forma di onda alla periferia di Berna, immerse nel verde, collegate da una passerella: una scultura paesaggistica, "un lavoro più da topografo che da architetto", secondo Renzo Piano.


Renzo Piano racconta il suo progetto:

Prima parte >>

Seconda parte>>

sabato 16 aprile 2011

Folding architecture

http://www.youtube.com/watch?v=iNlTrVdP3d0

TO DO 6


..analisi di un opera...

''La piega è una tecnica progettuale: attraverso l'atto del piegare, si conformano insieme le parti di un edificio e le articolazioni del paesaggio. Con questa impostazione Eisenman si afferma al concorso del grande Complesso culturale di Santiago de Compostela del 1999 in Spagna.'' (Architettura e modernità)



L’idea è quella di creare un centro di promozione e tutela della cultura gallega d’importanza nazionale ed internazionale seguendo le esigenze proprie della società dell’informazione.

Commentando il concorso, Eisenman ha detto: “ci siamo trovati davanti ad un programma complesso ed affascinante, per cui gli obiettivi hanno conformato gli spazi e le funzioni. La prima richiesta era quella di un disegno aperto e dinamico, in modo da rendere possibile la flessibilità all’uso. Possiamo pensare a questa richiesta come priorità assoluta del progetto. Per quanto sembri strano, questo è risultato essere il caso”.
L'obiettivo è quello di creare un organismo in cui sistemi d'informazione e arte, eredità culturale e tecnologie avanzate possano incontrarsi.
Il processo progettuale ipotizza la sovrapposizione di tre layer:
la trasposizione della planimetria del nucleo medievale della città (potremmo chiamarlo il livello della memoria); quello riferito ad una griglia cartesiana (il livello dell’intenzione progettuale) ed infine quello della superficie topografica. Quest’ultima è una superficie tridimensionale capace di portare la memoria a livello di intenzione e viceversa, in una ricerca di simultaneità. La cittadella nasce come sintesi dei livelli anzidetti.
Dice Eisenman: “Per me, la nuova idea non è più quella di portarsi avanti, verso il futuro, ma di dare attualità al passato, ricollocandolo nel presente. Allora non c'è più la nostalgia, ma la realtà del passato nel presente”.

La collina viene scavata per accogliere l’edificio, placcato e coperto con la pietra del luogo, come se la struttura non fosse costruzione artificiale, bensì paesaggio naturale solcato dai percorsi. La collina in tal modo diventa moderno luogo di pellegrinaggio.
”La terra anziché essere concepita come fondo contro cui le costruzioni si pongono, si eleva qui a figura, le costruzioni sono celate dalla terra. È un nuovo genere di tessuto urbano, nel quale lo spazio abitato è naturale ma scavato. La codificazione del passato medioevale della città, nel CCG genera il senso di presente attivo, trovato in una nuova forma tattile e pulsante.
Le forme esterne non rivelano le funzioni interne; gli spazi accolgono le funzioni indefinitamente. In questo modo, il progetto permette letture espandibili e multi-livellate delle relative forme, mentre il programma può modificarsi liberamente in avvenire”.

Gli edifici componenti la cittadella sono sei:
il Museo di Storia Galleca;
il Centro delle Nuove Tecnologie;
il Teatro della Musica (capienza 1500 spettatori);
la Biblioteca (per 1.000.000 di libri);
l’Emeroteca Galiziana;
un edificio per l’amministrazione centrale ed i servizi di ristoro.
Parte integrante del complesso sarà l’Arboreto della Galizia.

Eisenman ha trattato le costruzioni come accoppiamenti. Il museo è accoppiato con il centro tecnologico, la biblioteca con l'emeroteca, il teatro della musica con i servizi e l’amministrazione. Il risultato secondo l’architetto è una sequenza “di rapporti su scala ridotta all'interno del complesso, come il ‘contrappunto’ e la ‘sincope’ in una composizione di jazz”.


Nel progetto di Eisenman il BANG è il Folding, ossia la piegatura.... Il terreno viene usato come generatore dell'edificio, la morfologia del luogo di intervento crea le forme dell'architettura che vi si inserisce... In questo modo il paesaggio non viene mutato da un oggetto estraneo, ma l'oggetto viene inglobato nel terreno e la percezione dell'edificio classico non c'è più.....

..il piacere della scoperta...

Peter Eisenman
La Città della cultura della Galizia
Santiago de Compostela, Spagna


..La collina viene scavata per accogliere l'edificio, placcato e coperto con la pietra del luogo, come se la struttura non fosse costruzione artificiale, bensì paesaggio naturale solcato dai percorsi..

mercoledì 13 aprile 2011

ex - tempore del 13.04

Primi ''schizzi'' progettuali per l'urban district....












..un inquadramento sull'area con alcune considerazioni progettuali...











....sezioni, e visioni d'insieme della primissima idea del progetto....










il lavoro della mattinata ha portato a ''importanti'' basi per poter iniziare la vera fase progettuale!

sabato 9 aprile 2011

..un'altra idea di programma...

la seconda ipotesi di programma abbraccia tutto quel mondo che è l'arte di strada e di conseguenza la fotografia, che è legata strettamente a questo tipo di arte.

IDEA: quella di costituire un luogo dove poter dare gli spazi ''legali'' dove sperimentare e dare libero sfogo ai tanti artisti, creare mostre dedicate con la presenza di artisti di tutto il mondo.

Avere dei laboratori dove si possano insegnare tecniche artistiche e fotografiche...

il tutto con la presenza di alloggi per gli artisti, shop, caffetteria e area ristoro.... e un grande giardino... il centro sarà aperto a tutti per far conoscere questo mondo , e torgliergli quell'etichetta di illegale che lo accompagna spesso....


L’arte è l’espressione del pensiero più profondo nel modo più semplice.

(Albert Einstein)

mercoledì 6 aprile 2011

IDEA di programma

Studiando l'area e cercando informazioni sui quartieri sono venuto a conoscenza dell'esistenza di comitati di quartiere che chiedono ( anche con manifestazioni, cortei ecc.) luoghi collettivi per il quartiere, aree verdi, centri di aggregazione.

NON SIAMO PEDINE

Ecco la mia idea di progetto è quella di andare a programmare un edificio ''catalizzatore di persone'', un centro di aggregazione di quartiere per svariate attività, dalle esigenze dei più piccoli fino ai bisogni dei più ''vecchietti''..

quando si dice la somiglianza!!!


MC A _European Institute of Design ,International Competition_

...navigando alla ricerca dei miei compagni, mi sono imbattutto in questo progetto, vincitore di concorso, che ha un'area dove insiste incredibilmente simile alla mia Microarea 44. Non essendo costruito non l'ho preso a riferimento ma lo studierò per capire gli accorgimenti usati nell'affrontare il confronto con l'infrastruttura ferroviaria...


... parliamo dei miei compagni

martedì 5 aprile 2011

COMPAGNI DI STRADA


SPORTPLAZA MERCATOR - olanda _ Venhoeven CS Architects


LABAN CENTRE - londra _ Herzog & de Meuron

domenica 3 aprile 2011

Ex tempore del 23 marzo


Scuola materna composta da 3 aule, sala mensa e cucina, uffici e spazio di connessione.

mercoledì 30 marzo 2011

Microaree prescelte...


Microarea 44:

Questa è una delle micro aree urbane localizzate nel settore sud est di Roma (tra il parco della Caffarella ad ovest e il parco di centocelle ad est). L’intera area di progetto - corrispondente al quartiere Appio Latino - ha le dimensioni di una città di medie dimensioni (circa 800mila abitanti)
UrbanVoids è un progetto collaborativo offerto alla città di Roma e ai suoi abitanti dalla Università degli Studi La Sapienza Facoltà Ludovico Quaroni dal Laboratorio IVd del prof. Antonino Saggio (i nomi degli altri docenti, assistenti e dei circa sessanta studenti possono essere visti alla home page del corso, che contiene anche ulteriore materiale didattico). Lo scopo del lavoro è attivare azioni progettuali “dal basso” che abbiano interesse sia dal punto di vista del programma sociale che da quello della sostenibilità ambientale. L’uso di molte tecnologie web 2.o (google map, blog, sketch up, facebook ect.) sono adoperate per elaborare processi attivi di progettazione.



Microarea 45



Scelta delle aree...

MACROAREA G

Infill Infrastructure. Urbanvoids: 40, 41, 42, 43, 44, 45
Il tema fondamentale di progettazione urbana in questa macroarea è quella del ruolo di una serie di piccole aree a lato delle infrastrutture che investono questo settore urbano. La via consolare Casilina, la ferrovia verso il sud e gli acquedotti deteminano un intreccio di situazioni urbane e la presenza di alcune aree spesso dall'andamento allungato che possono ospitare programmi confacenti a questa situazione. In particolare nelle aree al termine della via Nocera Umbra si addensano programmi spesso a destinazione sociale o per il tempo libero, mentre nelle aree allungate lungo la via Casilina si innestano condensatori di attività capaci di attivizzare l'immediato intorno.

UrbanVoids -MACROAREE

http://maps.google.it/maps/ms?ie=UTF8&hl=it&msa=0&msid=203467714257839675402.00045eb2f0552306f1e77&ll=41.876831,12.528727&spn=0.010257,0.022724&t=h&z=16

Concetto Mixitè

Mixitè a Pittsburg

Antonino Saggio


In questa pagina illustriamo tre recenti realizzazioni di edifici con destinazione mista insieme ad alcuni studi progettuali per la città di Pittsburgh in Pennsylvania. I materiali sono uniti tra loro dal concetto di Mixité, una strategia di intervento che si fa sempre più strada nell'affrontare i temi nuovi della città contemporanea nel passaggio tra un modello industriale e uno basato sul terziario e sull'informazione. La città di Pittsburgh è un simbolo di questo processo ed è da qui che brevemente vogliamo cominciare.


Vista del centro città dal North Side. Pittsburgh, autunno 2001.

PITTSBURGH CITTÀ POST-INDUSTRIALE. Pittsburgh è una città interessante e particolare sin dall'orografia che descrive una favorevole confluenza di due fiumi, delimitante un'area triangolare. Già nel XVIII secolo i francesi costruiscono un forte in quello che è appunto chiamato il "triangolo". (Le informazioni che seguono derivano da The Riverfront Development Plan, City of Pittsburgh, Pittsburgh 1998 e da alcuni altri testi che sono ricordati alla fine del testo)


Douglas Cooper, Vista dello Strip district, Pittsburgh, 1995.

La cittadina che circonda il forte viene a rappresentare, nel corso della prima parte dell'Ottocento, l'ultimo centro civilizzato prima del gran salto verso la conquista dei nuovi territori occidentali. La situazione geografica e la presenza dei corsi d'acqua favoriscono i commerci e preparano il boom dell'industrializzazione che avviene negli ultimi decenni dell'Ottocento: da avamposto militare e sede di traffici la città si trasforma nella Iron City, nel simbolo stesso, cioè, dell'industrializzazione pesante americana. Città dell'acciaio e città legata al grande industriale e magnate Andrew Carnegie e poi ai suoi discendenti, Pittsburgh vive a partire dal secondo dopoguerra del Novecento la trasformazione del suo modello di città "fabbrica". Già alla fine degli anni Quaranta, quando arrivare al centro equivaleva ad essere immersi in una fucina a cielo aperto, la zona del downtown cominciò a essere risanata attraverso l'allontanamento delle industrie e la nascita di un quartiere di torri immerse nel verde (il molto pubblicizzato "Golden Triangle"). Ma le trasformazioni ancora più grandi cominciano negli anni Settanta quando entra in crisi in tutto il mondo occidentale la produzione pesante.

La crisi, naturalmente, a Pittsburgh è fortissima: si tratta della perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, della chiusura di centinaia di fabbriche e della notevole diminuzione della popolazione. Speciali uffici del Comune e speciali task force sono messe in campo per contrastare il declino ed il successo di queste politiche di reindirizzamento della città verso un modello terziario avanzato è finalmente evidente alla metà degli anni Ottanta. La città vince (attraverso un sondaggio ufficiale e attraverso la valutazione comparata di molti parametri) il titolo "città più vivibile di America" costringendo l'intero paese a toglierle l'etichetta di città fumosa, pesante, inquinata e laboriosamente provinciale.


The Riverfront Development Plan (aree di intervento lungo i fiumi), City of Pittsburgh, Pittsburgh, 1998.

La trasformazione da città industriale a città prevalentemente dell'informazione è potuta avvenire a Pittsburgh facendo leva sulle sette Università della città, sulla presenza di grandi enti di ricerca, sull'investimento in ricerche elettroniche avanzatissime (soprattutto nel contesto del famoso scudo spaziale reaganiano) e sullo sforzo complessivo verso il disinquinamento, la qualità dei servizi e delle attività culturali. In questo quadro s'inseriscono negli anni Novanta molti nuovi progetti soprattutto nelle brown areas e cioè nelle grandi porzioni di città, spesso qui a Pittsburgh lungo i fiumi, abbandonate dall'industria. Ma accanto ai grandi progetti urbani comincia ad affermarsi anche una microprogettualità volta alla trasformazione di singoli edifici industriali in nuovi organismi e in nuovi modelli di vita.

Presentiamo a questo riguardo in particolare tre progetti recenti: La Glass Factory che lo studio Davis&Gannon ha realizzato con Bruce Lindsey, il Dance Alloy di Edge-Studio che le sorge accanto e, infine, l'intervento Ellsworth Center di Arthur Lubetz Ass., uno studio che è attivo da molti anni in città.

Ma prima di entrare un poco di più nel merito dei progetti bisogna soffermarsi sul concetto di Mix Funzionale entro cui gli interventi muovono.



IL CONCETTO DI MIXITÉ. La città nata dalla rivoluzione industriale era basata sulla divisione per aree omogenee: ciascuna zona, come ben sappiamo, era regolata, organizzata e ottimizzata attraverso specifici standard, densità e tipi edilizi e veniva messa "in catena" con altre zone funzionalmente distinte in maniera da ottimizzare la produttività generale. A un concetto di spazio ne era naturalmente associato uno di tempo. In queste ore e in questi luoghi si lavorava, in questi e a queste ore ci si svagava, qui si dormiva e ci si riposava. Lo zoning era il principio cardine attraverso sia lo spazio che il tempo venivano concepiti, organizzati, progettati.


The Design Alliance e Rusli Associates, Alcoa
HeadQuarters
. Pittsburgh, 1998.

Ora, è abbastanza interessante notare come la città dell'informazione -e tale è sicuramente Pittsburgh- in cui per frammenti stiamo cominciando a vivere presenta un ribaltamento di questo approccio perché al concetto di catena sostituisce quello di rete. Naturalmente continuano a esistere meccanismi unidirezionati per alcuni sistemi produttivi, ma esistono allo stesso tempo legami traversi di piccoli entità che sono connesse appunto come le maglie di una rete.


Vista notturna delle attività sul lungo fiume. Pittsburgh, autunno 2001.

In questo contesto l'idea di zoning e di omogeneità funzionale perde di centralità. Si tende a operare "per progetti" funzionalmente integrati che presentino varie attività simultaneamente, piuttosto che per grandi, spesso irrealizzabili, disegni. La logica di progettazione diventa sempre più attenta alle interconnessioni tra spazi e funzioni piuttosto che al miglioramento esclusivo di ciascuno anche per far emergere modi di vita basati sulla simultaneità invece che sulla sequenzialità, sul misto di funzioni, di interessi, di commistioni, piuttosto che sulla monofunzionalità. Insomma, alla città divisa per zone e coerentemente concepita con le tecniche della separazione in fasi si contrappone una città dell'informazione basata "esattamente" sui processi opposti; perché le reti diffondono, personalizzano, frammistano e invocano processi complessi, stratificati e ibridi di vita e di progettazione. E questo appunto avviene tanto alla macroscala della città che alla microscala di piccole architetture.



LO STUDIO LIQUID STRIPS. Su questi criteri è stato impostato lo studio "Liquid Strips" tenuto alla Carnegie-Mellon University da chi scrive e che proponeva una serie di progetti di Mixité su delle aree industriali dismesse lungo il fiume Allegheny. I progetti naturalmente obbedivano a una precisa strategia di piano proposta dalla task force municipale.

Si trattava innanzitutto di proporre una strategia fatta per "progetti" ciascuno dei quali presentasse al suo interno una combinazione pubblico-privato. Dal punto di vista funzionale ciascun progetto doveva presentare cinque componenti: Living, Creating, Inrastracture, Exchange e Rebuilding Nature.


Appunti da una Lezione del Corso "Liquid Strips",
Antonino Saggio, Carnegie-Mellon University 2001
(D. Parker) in cui è sintetizzato il concetto di Mixité
attorno alle cinque macro aree Living, Infrastracturing,
Creating, Exchanging and Rebuilding Nature. I grafici
indicano le diverse percentuali di ciascuna attività a
seconda della forza trainante il progetto.

La definizione apparentemente vaga delle macro categorie funzionali era invece strumentale a pensare in maniera più mirata un progetto di Mixité e in particolare a centrare il concetto di driven force. Con driven force si intendeva la funzione prevalente del progetto. Se, per fare un esempio, in un caso si riteneva che una determinata area e una determinata posizione favorisse il tema prevalente del parcheggio, questo tema diventava semplicemente la "forza trainante" del progetto; il programma dell'intervento nel suo insieme doveva "comunque" contenere in una certa percentuale anche le altre quattro componenti.


Esposizione e Modello, "Liquid Strip" Studio IV.
Carnegie-Mellon University, Pittsburgh, autunno 2001.

Vi doveva essere una quota parte di Rebuilding Nature (cioè di attrezzature per il tempo libero e destinate a verde), di Exchange, cioè di commercio, di attività lavorative, cioè creating e anche di Living. Il problema era studiare come, in quali combinazioni, attorno a quale "storia" complessiva. Naturalmente questo modo di pensare non era lontano da quello reale che si poteva riscontrare nei tre interventi di cui ora parliamo.



TRE ARCHITETTURE DI RIVITALIZZAZIONE E MIXITÉ. Il progetto Glass Factory ha come motore della propria complessità d'uso quello della fabbricazione artigianale del vetro. Attorno a questa funzione prevalente ruotano aule didattiche, laboratori, vere e proprie zone con forni e naturalmente aree di commercializzazione e di esposizione. Combinate a queste vi è anche un certo numero di appartamenti per persone che o fanno parte delle attività del centro o che semplicemente desiderano vivere in un contesto dinamico e anticonvenzionale.


Davis&Gannon con Bruce Lindsey, Glass Factory. Pittsburgh, 2001.


Davis&Gannon con Bruce Lindsey, Glass Factory, vista
dei percorsi interni. Pittsburgh, 2001.

La funzione trainante diventa in questo caso il principio organizzativo, funzionale e formale insieme. Per esempio esso suggerisce l'adozione di grandi porte di garage a pannelli di vetro per il trattamento dell'esterno, oppure consente di affiancare al laboratorio alcune aule didattiche o luoghi di vendita o suggerisce per la residenza forme ibride di lavoro e vita anche all'interno delle case. Inoltre gli spazi di smistamento e di distribuzione sono qui esaltati sia dal punto di vista sociale che da quello del disegno del dettaglio, non a caso molto curato pur nella sua apparente brutalità.


Davis&Gannon con Bruce Lindsey, Glass Factory, vista
e dettaglio della scala. Pittsburgh, 2001.

Accanto alla Glass Factory sorge il Dance Alloy in cui la funzione prevalente è quella della sala prove per l'esercizio della danza. Anche in questo caso un mix di funzioni è pensato attorno alla funzione prevalente, che però non trova come nel caso precedente la possibilità di rivelarsi con forza nella spazialità interna.


Edge-Studio, Dance Alloy, vista sulla strada principale.
Pittsburgh, 2001.

Il terzo progetto –Ellsworth Center- si trova non lontano dai primi due ma in un quartiere diverso, ormai da molti anni quasi completamente recuperato.


Arthur Lubetz Ass., Ellsworth Center, vista della
testata. Pittsburgh, 2001.


Arthur Lubetz Ass., Ellsworth Center, dettaglio.
Pittsburgh, 2001.

L'intervento è meno sperimentale del precedenti, più ampio per dimensioni ed è interessante soprattutto come testimonianza di come i temi della mixité (in questo caso due piani commerciali su strada e un misto di uffici e residenze negli altri, cui si accede anche da una terrazza retrostante che diventa parcheggio) stanno cominciando a permeare molti interventi anche di solidi e affermati professionisti americani. Nell'insieme questi tre progetti mi sembrano veramente dei piccoli cuori pulsanti di una città diversa, più ricca e complessa che può aprire occasioni di immaginare d'architettura.